Era il dicembre 2010 quando un accordo Stato-Regioni stabiliva che, per garantire adeguata assistenza a partorienti e nascituri, i reparti maternità nei quali avvengono meno di 500 parti l’anno andavano chiusi. “Non per un capriccio, ma per ragioni di sicurezza; infatti, i reparti piccoli non sempre sono in grado di affrontare emergenze o imprevisti che possono comunque accadere. La soglia di 500 nascite, ribadita anche nel successivo decreto del Ministero della salute dello scorso anno, che regolamenta gli standard sull’assistenza ospedaliera, deriva da chiare evidenze scientifiche che mettono in rapporto il numero dei parti e gli esiti della salute della mamma e del bambino”, spiega Giuseppe Ettore, Vicepresidente AOGOI-Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani.

A 6 anni da allora, per AOGOI la questione è sempre una priorità, ancora da completare”, aggiunge Ettore. Secondo il Programma nazionale esiti 2015 dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), nel 2014 gli ospedali in cui operavano punti nascita con meno di 500 parti l’anno erano 123, circa un quarto del totale.

Nel 2011 il Ministero della salute ha costituito un organismo – il Comitato Percorso Nascita nazionale (CPNn) – che opera a sostegno delle Regioni per attuare le migliori strategie di riorganizzazione dei punti nascita, assicurando, nel contempo, un efficace coordinamento permanente tra le istituzioni centrali e periferiche, in funzione della qualità e sicurezza del percorso nascita.

Viene effettuato anche un puntuale monitoraggio delle situazione, che tuttavia non può definirsi del tutto rosea, anche dove potrebbe apparire tale”, dice ancora Ettore. Secondo il rapporto del monitoraggio ministeriale al 31 dicembre 2014, nella stragrande maggioranza delle Regioni sono ancora attivi in media 5-6 punti nascita sotto i 500 parti, con l’eccezione della Campania (19 punti) e della Sicilia (17 punti).

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