L'aborto spontaneo: un'esperienza (in)sopportabile?

Per elaborare e superare il dramma di un aborto spontaneo può essere utile capirne le cause più comuni, per lo più casuali, e i dati statistici (può accadere ad una gravidanza ogni tre): nella maggior parte dei casi non ci sono problemi congeniti e si può riprovare senza timori ad avere un figlio.

Uno degli argomenti più frequenti nelle domande ricevute in ormai 10 anni da utenti di GravidanzaOnLine è quello dell’aborto spontaneo. In genere ci scrivono pazienti sconvolte, addolorate, distrutte, provate da un’esperienza del genere, come è capitato alle ultime utenti del sito dalle quali ho preso spunto per questo articolo. E non è solo l’esperienza della prima gravidanza. È un’esperienza che turba profondamente anche chi ha già uno o più figli.

Le domande frequenti sono:

  • Come è potuto succedere?
  • Perché è successo?
  • Perché è successo a me?
  • Come posso fare a sapere perché è successo?
  • Quali analisi devo fare?
  • Quando posso riprovare ad avere una gravidanza?
  • Cosa posso fare per evitare un altro aborto?
  • Che probabilità ho che succeda di nuovo?

I pensieri frequenti sono:

  • Sono sconvolta!
  • Ho vissuto un dramma insopportabile!
  • Non riesco a superare questa terribile esperienza!
  • L’esperienza dell’aborto è stata psicologicamente devastante!
  • Forse il mio medico ha sbagliato qualcosa!
  • Sono anche stata in ospedale e i medici non sono stati all’altezza!

=> Aborto Spontaneo, come superarlo

Avrei quindi piacere di rispondere a tutti questi interrogativi e pensieri, aggiungendo qualche considerazione.

Aborto spontaneo: i dati

Innanzitutto qualche dato sull’incidenza dell’aborto spontaneo: si ammette che circa il 30% delle gravidanze possa esitare in un aborto spontaneo, il che significa che statisticamente quasi tutte le donne che proveranno ad avere 2-3 o più gravidanze sperimenteranno sulla propria pelle la disavventura di un aborto. Il 30% significa quasi un caso su 3. Il motivo principale dell’aborto è costituito da anomalie del prodotto del concepimento: in sostanza il risultato del concepimento porta ad un prodotto non capace di vita fin dalle prime settimane. Ciò può avvenire per cause genetiche, per lo più casuali, oppure per anomalie indotte da fattori anatomofunzionali o ambientali e/o da infezioni. Si tratta di anomalie così consistenti da non consentire il proseguimento della vita dell’embrione, mentre qualcun altro, con anomalie minori, apparentemente più fortunato, invece sopravvive a questa prima fase di pericolo, per poi nascere con malformazioni e/o handicap fra i più vari e casuali. Molti di questi aborti così causati saranno così precoci che neanche daranno segno di sé, se non una strana mestruazione magari appena un po’ in ritardo.

Questo è il meccanismo più comune dell’aborto spontaneo. Resta tuttavia una percentuale di aborti causati da motivi specifici che possono quindi ripetersi nella stessa paziente. Sono quei rari casi del cosiddetto aborto ripetuto o abituale. Per porre una simile diagnosi occorre che vi siano tre aborti consecutivi. Capita invece che le pazienti già dopo un solo aborto vogliano subito chiarire se si trovino o no in questo stato. Purtroppo il concetto di aborto ripetuto e/o abituale è un concetto a posteriori che potrà porsi solo dopo che siano avvenuti un certo numero di aborti. E chi può dopo un solo aborto fare la previsione se si ripeterà o no? È comprensibile che questo sia un timore reale, motivo per cui spesso cediamo alle insistenze di queste coppie e concediamo loro gli esami previsti nell’abortività ripetuta, come i famosi esami per la verifica della trombofilia. Sono esami costosi, che vengono eseguiti in maniera eccessiva. Infatti solo in poche pazienti riveleranno qualche causa tangibile degli aborti, così come molte altre che avranno dei parametri positivi, riusciranno tranquillamente a portare fino al termine una o più gravidanze, anche senza alcuna terapia.

Ciò detto è impossibile rispondere senza dire bugie alle domande del tipo di “perché è successo? Potrà succedermi di nuovo? Posso fare qualcosa perché non si ripeta? Che rischio ho che possa ripetersi? Ecc.

=> Aborto spontaneo senza raschiamento: info

Aborto spontaneo: reazioni

Infine qualche considerazione sulle reazioni all’aborto. Io ho visto anche dei mariti darsi con la testa nel muro di fronte ad una diagnosi di aborto della moglie. Un altro si scagliò con pugni contro l’ecografo (intendo l’apparecchio). Alcune donne vengono prese da convulsioni, si buttano dal lettino, urlano e via così. Quindi so bene quali possono essere le reazioni più estreme. Dirò di più: ho visto anche un fratellino di 10 anni, dell’embrioncino purtroppo privo di attività cardiaca, cadere in uno stato di depressione inequivocabile, motivo che mi ha indotto da quella volta a consigliare di non rivelare la gravidanza in famiglia se non dopo il primo trimestre. Ho visto pazienti denunciare il medico perché erano convinte che l’aborto fosse stato provocato dall’ecografia transvaginale, o dalla visita (e complimenti all’avvocato che si è imbarcato!). Ho visto pazienti indignate perché in ospedale non venivano ricoverate per una minaccia d’aborto, andar via minacciando azioni legali (o violente) caso mai avessero abortito, quasi che il letto dell’ospedale potesse evitarlo mentre quello di casa no. E potrei raccontare centinaia di altre situazioni simili…

Ora vorrei che faceste assieme a me delle considerazioni. È ovvio che l’esperienza dell’aborto sia una brutta esperienza, vissuta male, con dolore da parte della coppia, che fino a quel momento aveva gioito della dolce attesa. Chi può smentire che questo dolore sia reale e comprensibilissimo? Io stesso, quando devo dare la cattiva notizia, mi vesto di tutta la mia comprensione e cerco di farlo nella maniera più dolce possibile. E la mia esperienza è che dopo un grande dispiacere al momento della cattiva notizia, già la mattina successiva il tutto venga visto sotto una luce diversa, con il pensiero già proiettato con ottimismo alla prossima gravidanza. Di sicuro le domande le fanno tutte e noi operatori siamo pronti a dare tutte le spiegazioni. La domanda che rivela più di ogni altra che il dispiacere sta per essere assimilato è: “quando posso riprovare?”, e questo è un momento che rincuora anche me.

Però quando a distanza di giorni, o come nelle domande che ci arrivano, io vedo che la paziente ancora appare distrutta dal dolore, che cerca di trovare delle cause, o anche delle colpe di sè stessa o di qualche medico che non “è stato abbastanza bravo da evitarlo”, devo pensare che qualcosa non vada. A mio avviso è una reazione esagerata. Se è vero come è vero che la principale causa è un’anomalia del prodotto del concepimento e che la maggioranza delle italiane non esita ad optare per un aborto volontario in caso di feto malformato, come si spiega questo dramma insuperabile? Se il 30% delle gravidanze esita in un aborto, perché tanta sorpresa, specialmente se si stratta della terza o quarta gravidanza? Ho paura di dover essere d’accordo con gli psicologi che interpretano queste reazioni come conversioni di stati di alta insoddisfazione e depressione, prendendo l’aborto come lo sfogo di tutto ciò. Se questo può servire a liberarsi ben venga, ma onestamente ho la sensazione che queste pazienti stiano ben peggio di prima. Mi chiedo, e questo potremmo chiarirlo con uno dei nostri sondaggi, quante sono le pazienti che hanno invece ben elaborato il dispiacere (non riesco a chiamarlo lutto) di un aborto spontaneo? Dopo quanti giorni hanno avuto il primo sorriso e hanno ripreso a gioire della vita e dei futuri propositi? Quante sono invece quelle che non hanno superato l’esperienza? Sono domande che troverete nel relativo sondaggio che ha preso spunto da questo articolo.

=> Aborto interno: perché accade?

In conclusione vorrei comunque aiutare queste pazienti più fragili che non riescono a superare l’esperienza dell’aborto. Cercate di comprendere: che le cause più comuni degli aborti sono casuali, mentre solo una minoranza sono specifiche e possono ripetersi; che l’aborto avviene più frequentemente perché c’è un’anomalia nel prodotto del concepimento o qualche situazione che lo ha gravemente danneggiato. Se proprio sarete così sfortunate da essere un raro caso di aborto abituale, purtroppo lo saprete solo vivendo (Lucio Battisti docet) e non prima. E allora, anche in questo sfortunato, ma raro caso, cercheremo di prendere provvedimenti. Ma non scoraggiamoci: basta guardarsi attorno per vedere persone veramente colpite da malattie inesorabili. Quindi diamo la giusta dimensione a quello che ci è accaduto. Dispiacere sì, ma quanto basta e bando alla disperazione e… come sempre: ottimismo!

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