Subdolo e pericoloso, il Papillomavirus, noto come causa principale del cancro all’utero, gioca un ruolo determinante anche nei casi di tumore del cavo orale. Se è vero, infatti, che in generale i tumori testa-collo sono correlati strettamente al consumo di alcol e tabacco, il 30% dei tumori dell’orofaringe, in particolare tonsillari, alla base della lingua e sul palato molle, sono associati proprio alla presenza dell’HPV.

Un recente studio realizzato dalla Sapienza Università di Roma e pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Clinical Microbiology and Infection ha evidenziato una significativa associazione tra infezione da Papillomavirus umano, carcinoma orale a cellule squamose e, anche se in modo variabile, lesioni potenzialmente maligne della cavità orale, quali leucoplachia, eritro-leucoplachia ed eritroplachia. Nel 25-30% dei carcinomi testa-collo, specie nel caso dei carcinomi a cellule squamose, è stata dimostrata la presenza di HPV16.

Il carcinoma orale è associato principalmente all’HPV16 – sottolinea la Prof.ssa Antonella Polimeni, Direttore del Dipartimento Testa Collo della Sapienza Università di Roma – non ha un unico aspetto clinico ma in generale, qualunque lesione della mucosa persistente, di consistenza duro lignea e ricoperta da mucosa ulcerata o atrofica deve essere considerata sospetta. La prevenzione è fondamentale, il rischio di sviluppare questo tipo di tumore aumenta con l’età e generalmente le prime manifestazioni iniziano intorno ai 45 anni e raggiungono il picco oltre i 75. La prognosi del carcinoma orale non è migliorata significativamente negli ultimi anni: la mortalità dei pazienti affetti da cancro orale rimane tra le più alte in assoluto. Nei casi sospetti, è indispensabile, quindi, rivolgersi ad uno specialista odontostomatologo per verificare tramite esami più approfonditi la natura della lesione eseguendo dove opportuno dei prelievi tissutali per le analisi istologiche”.

Secondo i dati emersi dalla ricerca, l’infezione da HPV delle mucose orali rivela un rischio tendenziale aumentato di ben 14 volte di insorgenza di carcinoma orofaringeo nei soggetti sieropositivi all’HPV16, avvalorando l’interessante ipotesi che l’infezione virale da HPV possa precedere l’insorgenza del carcinoma orofaringeo di 10 anni o più. I dati evidenziano, inoltre, come nel processo evolutivo di un carcinoma orale, la patologia può insorgere su pregressi quadri clinici che per tale motivo vengono definiti Lesioni Epiteliali Potenzialmente Maligne.

L’infezione da HPV è molto frequente nella popolazione: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità circa l’80% delle donne sessualmente attive può contrarre nel corso della vita un virus HPV, con un picco di prevalenza nelle giovani donne fino a 25 anni di età. Ma l’HPV non risparmia gli uomini. Attualmente si stima che fino al 65-70% dei soggetti di sesso maschile contrae un’infezione da uno o più ceppi di HPV (oncogeni e non) durante l’arco della vita.

La maggior parte delle infezioni da HPV è transitoria, perché il virus viene eliminato dal sistema immunitario prima di sviluppare un effetto patogeno: tra il 60 e il 90% delle infezioni da HPV, incluse quelle da tipi oncogeni, si risolve spontaneamente entro 1-2 anni dal contagio. La persistenza dell’infezione virale è invece la condizione necessaria per l’evoluzione verso il carcinoma. In caso di infezione persistente, il tempo che intercorre tra l’infezione e l’insorgenza delle lesioni precancerose è di circa 5 anni, mentre la latenza per l’insorgenza del carcinoma cervicale può essere di decenni (20-40 anni). Generalmente, le infezioni più pericolose delle vie respiratorie o del cavo orale si trasmettono attraverso il sesso orale, attraverso il contatto, quindi, tra la mucosa e i genitali.

VACCINAZIONE: UNA BUONA ARMA DI PREVENZIONE

Il ruolo eziologico dell’HPV nell’insorgenza dei tumori cervicali ha aperto la strada alla prevenzione primaria attraverso la vaccinazione. È importante sottolineare che, mentre per la donna esiste una metodica di screening ben validata quale il Pap-test per la prevenzione delle neoplasie della cervice uterina, per il maschio non esiste alcun test di screening standardizzato per l’infezione da HPV.

L’utilizzo del vaccino – interviene il Prof. Umberto Romeo, Docente di Patologia Orale della Sapienza Università di Roma – sembra poter prevenire l’infezione da HPV non solo nella mucosa genitale, ma anche nella mucosa orale. L’impatto degli attuali vaccini contro l’HPV sull’incidenza delle infezioni orali persistenti deve essere ancora identificato. Sebbene la vaccinazione coinvolga al momento solo la popolazione femminile, studi immunogenetici hanno dimostrato che il vaccino induce una forte risposta immune anche nell’uomo, dato fondamentale se si considera che il cancro associato all’HPV è prevalente nella popolazione maschile; questi dati, anche se promettenti, dovranno essere consolidati attraverso studi su popolazioni più ampie”.

Al momento sono disponibili due vaccini preventivi contro l’HPV: il vaccino quadrivalente e il vaccino bivalente, entrambi inducono una risposta immune in oltre il 90% dei soggetti vaccinati e hanno mostrato un ottimo profilo di sicurezza. Per garantire la massima efficacia della vaccinazione, l’OMS raccomanda di immunizzare le ragazze prima del debutto sessuale, indicando le preadolescenti tra i 9 e i 13 anni di età come target primario della vaccinazione.

Il vaccino quadrivalente è stato studiato anche nella popolazione maschile, mostrando un buon profilo di sicurezza e immunogenicità. Nei maschi il vaccino è stato dimostrato essere efficace nella prevenzione del 90% dei condilomi genitali dovuti a tipi di HPV contenuti nel vaccino; i dati di efficacia disponibili per le lesioni genitali precancerose sono promettenti ma devono essere consolidati attraverso ulteriori studi.

Fonti:
• Studio a cura del dipartimento di Medicina Molecolare e del Dipartimento di Scienze Maxillofacciali e Orali de La Sapienza Università di Roma – Pubblicato sulla rivista Clinical Microbiology and Infection
• http://www.epicentro.iss.it/problemi/hpv/hpv.asp

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