Tra il 2011 e il 2013 sono stati registrati in Italia 30.000 casi di aborti ripetuti ogni anno per una spesa, evitabile, tra i 117 e i 135 milioni di euro in tre anni. Da un’analisi condotta dall’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI) in 70 dei più importanti ospedali italiani, nel 78% dei casi viene effettuato un percorso di counselling dopo l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) e nel 60% dei centri viene prescritto immediatamente un contraccettivo e verificato il programma contraccettivo alla dimissione.

In Italia il 27% delle interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) è effettuato da donne con precedente esperienza abortiva. La causa può essere ricondotta all’adozione di un metodo contraccettivo inappropriato o all’inadeguatezza del counselling ricevuto in occasione del precedente aborto, ma il dato è comunque allarmante” dice Vito Trojano, Presidente AOGOI. “Queste osservazioni hanno spinto AOGOI a dare vita a due indagini osservazionali che diano una fotografia di come gli ospedali italiani gestiscano le IVG e di come le donne percepiscano il percorso di counselling che viene loro proposto. Il nostro obiettivo finale è di creare nei centri che praticano la IVG un percorso a misura di donna, sensibilizzando gli operatori sull’importanza di garantire la dovuta attenzione alla contraccezione post-IVG offrendo alle donne un adeguato counselling dopo l’intervento”, aggiunge.

La prima analisi, in corso di completamento, è stata condotta nei più importanti ospedali italiani in cui è praticata l’interruzione volontaria di gravidanza. Sui 70 che sinora hanno risposto, 40 presentano un ambulatorio e un’équipe multidisciplinare dedicata”, afferma Giuseppe Ettore, Direttore Dipartimento Materno-Infantile ARNAS Garibaldi-Nesima, Catania. “Solo nel 2015 – prosegue – è stata effettuata una media di 338 IVG per ogni centro per un totale di 21.000 casi. Nel 78% dei centri è previsto un percorso di counselling post-IVG come indicato dalla legge 194/78 e nel 60% è stato prescritto immediatamente un metodo anticoncezionale e verificato il programma contraccettivo alla dimissione. Tra i metodi contraccettivi prescelti post-IVG sono risultati i dispositivi intrauterini e gli impianti sottocutanei (60%). Ciò conferma quanto raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che indica i Larc (Long-Acting Reversible Contraception), come i metodi contraccettivi più sicuri e che garantiscono una più alta percentuale di aderenza a 12 mesi. Tali dispositivi hanno il vantaggio di poter essere inseriti durante lo stesso intervento senza ulteriori disagi per la donna”.

A luglio AOGOI ha dato il via ad un secondo studio osservazionale per fotografare l’adeguatezza percepita dalla donna sul counselling contraccettivo nel post IVG. “Abbiamo preparato un questionario anonimo, distribuito ad un campione di 50 strutture in tutta Italia, con l’obiettivo di analizzare circa 3.000 questionari”, spiega Silvia Von Wunster, Direttore Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Pesenti Fenaroli, Alzano Lombardo. “Ci proponiamo di verificare i metodi contraccettivi scelti e se essi siano stati o meno resi disponibili fin dalla dimissione ospedaliera, chiedendo direttamente alle donne la loro percezione del servizio ricevuto. Verificare che alle donne venga data la possibilità di inserire un dispositivo LARC durante l’intervento di IVG è infatti uno dei principali obiettivi della nostra analisi, in quanto questa tecnica si dimostra essere una strategia davvero efficace nel ridurre le IVG ripetute. Sulla base dei risultati raggiunti verranno organizzati da AOGOI una serie di eventi formativi e verrà realizzato e distribuito per i medici e per le pazienti materiale informativo sulla contraccezione nel post-IVG”, chiarisce.

Se in Italia il costo medio di un’interruzione volontaria di gravidanza è valutato, con il DRG, attorno ai € 1300-1500, è possibile stimare i costi attribuibili direttamente al Sistema sanitario nazionale”, puntualizza Emilio Arisi, Presidente SMIC, Società Medica Italiana per la Contraccezione. “Considerando che gli aborti ripetuti si collocano attorno ai 30.000 casi l’anno, negli ultimi tre anni di cui conosciamo i dati definitivi, cioè 2011, 2012 e 2013, si può tranquillamente calcolare che la spesa annua diretta per il sistema sanitario sia stata di 39-45 milioni di euro, il che significa 117-135 milioni di euro in tre anni. Una spesa enorme che si potrebbe in gran parte ridurre con investimenti molto minori in progetti di prevenzione della ripetitività dell’aborto. Ad esempio, sulla base di un costo di circa 100 Euro per ogni sistema contraccettivo a lunga durata (Larc) si stima che ogni euro speso in contraccezione equivalga ad un risparmio di circa 10 euro. Tutto ciò, senza dimenticare i costi psicologici e personali della donna che abortisce, legati alle perdite di giornate lavorative o di giorni scolastici, ai trasporti, alla logistica familiare, che a loro volta non sono certamente di poco significato”, conclude.

 

 

 

 

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  • Contraccezione