Sale parto chiuse per sciopero. È quanto potrebbe accadere in Italia, e sarebbe la prima volta, il prossimo 12 febbraio: ginecologi e ostetriche degli ospedali pubblici e privati, per un totale di 15mila professionisti, hanno infatti annunciato il loro primo sciopero nazionale che porterà allo stop per 24 ore di tutti i parti cesarei programmati, le visite e gli esami. A rischio ‘rinvio’ sarebbero così circa 1.100 nascite. Una protesta clamorosa per richiamare l’attenzione su due questioni: i tagli che “stanno mettendo in ginocchio la sanità” e l’esplosione dei contenziosi medico-legali che rendono ormai impossibile per i medici lavorare “in serenità”.

Da qui tre richieste prioritarie alle forze politiche in vista delle elezioni: “la certezza del finanziamento per la sanità, l’impegno ad applicare immediatamente la riforma dei punti nascita approvata ormai due anni fa; la garanzia di misure cogenti sulla responsabilità professionale in Sanità”.

Se non ci saranno risposte, le sigle mediche si dichiarano pronte a proclamare anche un altro sciopero: quello del voto alle prossime elezioni, riconsegnando ai Comuni i certificati elettorali.

Il livello dei contenziosi è oggi tale – sottolinea il presidente della Federazione sindacale medici dirigenti Fesmed, Carmine Gigli – che il medico non agisce più con serenità: è diventato diffidente ed applica ormai la medicina difensiva, con un eccesso di esami che costa al Sevizio sanitario circa 12-15 mld l’anno”.

A fronte di migliaia di denunce l’anno contro i ginecologi e gli altri operatori sanitari, precisa, “il 99,5% dei processi si conclude con l’assoluzione dei professionisti”. Una situazione che riguarda in special modo i ginecologi, i più ‘colpiti’ dopo i chirurghi. E si arriva così al paradosso: “I ginecologi hanno oggi paura di entrare in sala parto – denuncia il presidente della Società italiana di ginecologia Sigo, Nicola Surico – anche a causa della mancata tutela assicurativa, poiché gli ospedali non garantiscono più tale copertura. Ma per un ginecologo pagare di tasca propria polizze assicurative di oltre 6mila euro l’anno è insostenibile”.

Le cause penali insomma, spesso diventano “il deterrente per avere risarcimenti civili esorbitanti“, commenta Vito Trojani, presidente dell’associazione ostetrici ginecologi ospedalieri Aogoi. Un problema, il contenzioso medico-legale, dinanzi al quale i ginecologi bocciano anche il recente decreto Balduzzi, che “contempla alcune norme sulla responsabilità professionale” ma “non ha offerto soluzioni”.

Per entrare più nel dettaglio, su 357 procedimenti penali conclusi contro sanitari, secondo i dati più recenti, solo 2 si sono risolti con una condanna. Nel corso del convegno Merqurio Toghe in corsia, si è discusso proprio di questo. Mentre sono stati archiviati il 98,8% dei casi di lesione colposa e il 99,1% di omicidio colposo giunti a conclusione. Di contro le denunce contro i medici e i sanitari si sono triplicate negli ultimi 15 anni arrivando a 33.682 denunce nel 2010.

Ogni anno in Italia sono circa 250 i procedimenti penali contro i medici, di cui il 56% per omicidio colposo e il 39% per lesioni: la categoria più colpita è quella dei chirurghi (59%) seguita dai ginecologi (24%). Ciò ha anche causato, denunciano i ginecologi, uno “tsunami economico, con i costi delle polizze assicurative alle stelle sia per le Asl sia per i singoli professionisti”.

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