Al termine di una ricerca durata 8 anni, The Lancet Medical Journal ha diffuso i dati relativi al monitoraggio degli aborti a livello mondiale. Ne sono derivati risultati inattesi e per molti versi sorprendenti.

Circa una gravidanza su cinque terminerebbe infatti con l’interruzione della stessa. Il 20% delle gravidanze complessive – comprendenti nascite viventi, false gravidanze, nati-morti, interruzioni volontarie – si interrompono anzitempo. Si tratta di circa 40 milioni di casi in otto anni, visto che il numero delle gravidanze nel periodo indagato è stato stimato in 203 milioni. Ma l’Est Europeo arriva addirittura a doppiare tale percentuale, raggiungendo un numero di aborti annuo pari a circa il 50% delle gravidanze complessive.

Tuttavia, il campanello d’allarme è relativo alla percentuale degli interventi eseguiti in condizioni che vengono considerate rischiose. Circa il 50% degli aborti viene infatti eseguito in situazioni di non sicurezza, che spesso comportano la morte delle giovani madri. Ed il 97% delle 70.000 donne che muoiono ogni anno a causa di aborti considerati non-sicuri viene dai paesi poveri.

Tuttavia, bisogna pur evidenziare che il tasso di aborti a livello mondiale è diminuito di circa il 17% negli otto anni considerati, passando da 46 milioni a 42 milioni. Anche se tale diminuzione riguarda soprattutto i paesi sviluppati con l’Europa dell’Est ancora in testa (dai 90 su mille nel 1995 ai 44 aborti su mille nel 2003). L’Europa occidentale, invece, nel 2003 ha il tasso di aborti più basso (12 per mille). Ma nello stesso periodo, gli aborti praticati in cattive condizioni non sono affatto diminuiti (48 per cento).
Speriamo tuttavia che quanto meno possano maturare le condizioni, perchè nessuna mamma sia costretta a considerare l’aborto come necessario od inevitabile, né essere costretta a praticarlo in condizioni precarie.

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