È del tutto normale che una mamma, specie alla prima esperienza, si ponga una domanda molto comune: quando inizierà a parlare il mio bambino? Cosa fare per stimolare lo sviluppo del linguaggio se le prime parole tardano ad arrivare?

Parlare, comunicare, relazionarsi con suoni più o meno articolati è una delle attività più naturali e spontanee dell’essere umano, sin dai primissimi mesi di vita.

Benché molte mamme pensino il contrario, non c’è bisogno di insegnare al proprio bambino l’uso della parola. Si tratta di un fatto culturale che segue lo sviluppo del bimbo in tutte le sue fasi e cresce con lui attraverso un percorso di apprendimento in buona parte spontaneo.

Prime parole del neonato: a quanti mesi?

In realtà, il bambino comincia a sviluppare i primi circuiti del linguaggio già durante l’ultimo trimestre di gravidanza. Avete capito bene: quando ancora si trova nella pancia della mamma! In questa fase, infatti, gli organi coinvolti nelle funzioni uditive completano la loro formazione e il piccolo è già in grado di ascoltare i suoni esterni e iniziare a familiarizzare con le voci dei genitori.

Dopo la nascita, questo processo continua con modalità analoghe fino al 3° mese di età, quando il bambino inizia a sperimentare la pronuncia di qualche suono. Da quel momento, mamme e papà aspettano con trepidazione che il loro cucciolo cominci a pronunciare le prime parole. Il desiderio di sentirsi chiamare “mamma” e “papà” è forte e spesso si realizza entro i 3 anni di età del neonato.

Durante questa fase, il cervello compie evoluzioni rapide e sorprendenti e il linguaggio del bambino prende concretamente forma. Certo, la stimolazione dei genitori ha un ruolo molto importante (è il cosiddetto baby-talk) così come la creazione di un ambiente favorevole all’apprendimento.

Ma ogni bimbo ha i suoi tempi e se mediamente le prime parole possono arrivare al compimento del primo anno, con la lallazione, in altri casi può volerci un po’ di pazienza in più.

Prime parole dei neonati: quali sono?

Nella maggior parte dei casi, “ma-ma” e tutte le possibili varianti rappresenta il primo tentativo si pronunciare la parola “mamma” che, con buona pace dei papà, è anche una delle prime parole che il bambino impara a dire. In generale, le prime parole che il bimbo pronuncia riguardano attività, esigenze e abitudini quotidiane: “pappa”, “cacca”, “nanna”, “ciuccio“, “bau”, “miao” e così via.

Ci sono bambini che già in tenerissima età (prima del compimento di 12 mesi)  imparano a dire “acqua”, “pane” e ad indicare gli alimenti preferiti. In effetti la parola “mamma” può arrivare addirittura dopo queste prime parole.

Tale parola viene introiettata dal bambino ed espressa attraverso il linguaggio solo quando capisce che chiamandola in questo modo la mamma accorrerà. Da lì, imparerà che lo stesso “trucchetto” può essere utilizzato per papà, nonna, nonno, zio, zia, ecc.

Come stimolare il neonato a parlare

Esperti del linguaggio, pediatri e logopedisti, concordano nel sostenere che il linguaggio è una facoltà che si sviluppa in maniera più o meno complessa e rapida a seconda degli stimoli che i genitori sono in grado di offrire al bambino.

Quando comincia ad articolare le consonanti, infatti, il bambino può essere supportato in modi diversi. Ecco alcuni consigli utili della logopedista Serena Bonifacio e della pediatra Ingrid Rudoi della Federazione Logopedisti Italiani per accompagnarlo nel percorso di apprendimento e aiutarlo a pronunciare le prime parole.

Da 0 a 3 mesi: parlare il “mammese”

Sin dai primi mesi di vita, è importante mantenere un dialogo aperto e attivo con il bambino in ogni momento possibile: durante l’allattamento, i cambi del pannolino, il bagnetto, ecc. Il consiglio delle esperte è comunicare con lui modulando la voce e osservando le sue reazioni.

Il linguaggio utilizzato deve essere semplice, cantilenato ed emozionale, in pratica deve corrispondere al cosiddetto “mammese”, quello che tutte le mamme del mondo conoscono alla perfezione. Ritmo e melodia aiuteranno il primo a formulare più avanti le prime parole.

Da 4 a 6 mesi: mantenere il contatto visivo

Superati i primi 3 mesi di vita del neonato, la raccomandazione è di non sottovalutare mai l’importanza del contatto visivo, che deve accompagnare sempre ogni interazione verbale tra genitori e bambino.

Il tono di voce deve essere dolce, affettuoso e occorre guardare negli occhio il piccolo per tutto il tempo, in modo da mantenerlo “sintonizzato” sul dialogo. Egli risponderà ai vostri stimoli con più attenzione, emettendo vocalizzi scanditi da movimenti.

Da 7 a 8 mesi: introdurre nuove parole

Sempre continuando a parlare il “mammese“, questo è il momento più propizio per cominciare a introdurre nuove parole più complesse, pronunciando lentamente prima una parola familiare e di frequente utilizzo seguita da una meno frequente (ad es., mamma …bella).is

Si può iniziare a sfogliare insieme libretti illustrati e riviste mostrandogli e nominandogli le immagini. Cantare filastrocche, canzoni semplici e ascoltare musica sono attività complementari molto utili.

Da 9 a 12 mesi: comunicare in modo efficace

Tra i 9 e 12 mesi, è molto importante ripetere con lui ciò che riesce a produrre spontaneamente per invogliarlo a perseverare e incrementare questa sua sperimentazione di suoni e consonanti abbozzate. In questo modo riuscirà a formulare molto più in fretta piccoli dialoghi fatti di suoni o addirittura parole già compiute.

Ci si può concentrare su oggetti, nomi dei familiari, giocattoli, attività quotidiane (pappa, nanna, cacca, ciuccio, etc) e animali domestici, scandendo bene i suoni e rimarcando con cura la pronuncia di vocali e consonanti.

Da 13 a 18 mesi: instaurare piccole conversazioni

Molti bambini cominciano già in questo periodo ad indicare oggetti e immagini con i loro nomi. Per supportarli in questo processo e arricchire il loro linguaggio le esperte consigliano di:

  • denominare o commentare sempre ciò che il bambino indica per arricchire il suo vocabolario e la comprensione di un numero sempre maggiore di parole;
  • quando il bambino mostra interesse per un oggetto familiare denominarlo in modo “lento” prolungando la sillaba iniziale (ad esempio “MAAA…n”o) senza interrompere la pronuncia di tutta la parola;
  • aiutarlo a memorizzare e a riconoscere parole simili ma con significato diverso con il supporto di immagini, storie (ad es., teneva nella mano un piccolo nano, come spiegato in Bonifacio-Rudoi, Opuscolo).

Una volta che il bimbo si è esercitato con la pronuncia lenta e scandita delle prime parole e ha raggiunto i 16-18 mesi di età è pronto per iniziare a costruire le prime frasi.

All’inizio saranno estremamente semplici, ma per incoraggiarlo ad arricchire questa capacità potete coinvolgerlo nelle vostre attività, sfogliare un libro, chiedergli di descrivere ciò sta guardando o ascoltando.

Questi piccoli esercizi lo aiuteranno a popolare il suo vocabolario di nuove parole e frasi più complesse. Gli esperti sostengono che in questa fase i bambini siano in grado di imparare mediamente fino a 9 nuove parole al giorno.

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