Anonimo

chiede:

Gentile dottoressa, sono una donna di 29 anni. Le scrivo la mia storia
perchè sono ormai quasi 4 mesi che vivo con il pensiero fisso di avere un
bambino. Con mio marito all’inizio che eravamo fidanzati ho scoperto di
essere incinta, io lo avrei voluto con tutte le mie forze, ma lui nel modo
più assoluto non si sentiva pronto per avere un figlio. Così, contro la mia
volontà, ho dovuto praticare un ivg. Disastroso, anche gli psicologi e gli
assistenti sociali dell’ ospedale, vedendo quanto io stavo male, hanno
cercato di convincerlo, ma senza risultato. Il dolore che ho provato è stato
immenso, ancora mi porto dentro le sensazioni che ho provato, mi sentivo una
criminale. Subito dopo che ci siamo sposati, il mio primo pensiero è stato
quello di avere un bambino, ho prenotato il viaggio di nozze a Parigi nella
speranza che l’atmosfera ci aiutasse al concepimento, e in effetti il mese
dopo il viaggio scopro di essere incita, io ero al settimo cielo, non facevo
sforzi, stavo calma, insomma tutto il possibile per portare a termine la mia
gravidanza, era come se non potessi credere che fosse successo proprio a me,
e infatti, quando nasce il mio piccoletto e me lo mettono sulla pancia, io
piangevo più di lui, dalla felicità di avere avuto un dono tanto prezioso.
Due anni dopo mi riscopro di nuovo incinta, una tragedia, mio marito
non lo accetta nel modo più assoluto, minaccia che va via di casa se lo
tengo ed io… mi lascio convincere di nuovo, lo amo troppo e sono troppo
fragile per contrastarlo. Un’ivg fatta in modo assurdo, su uno studio
privato, senza anestesista e le mie grida, è stato una tortura. Da quel
momento sprofondo nel baratro, non riesco a perdonarmi e non riesco nemmeno
più a guardare le donne incinte per la strada, le considero tutte più
fortunate di me. È diventata un’ossessione, non faccio altro che pensare a
quelle due povere creature che dovevano solo essere protette da me e
invece… poi a marzo mi riscopro incinta, lui la prende bene, certo non è
felicissimo come me, ma comunque l’accetta. Faccio i controlli, tutto ok, al
quarto mese faccio l’eco di controllo e… niente più, il cuoricino del mio
piccolo si è fermato al quarto mese, io non potevo crederci, era come se il
mondo mi era cascato addosso, il medico parla ma io nemmeno lo ascolto, persa
nella mia disperazione, e mentre mio marito discute per quando fissare il
raschiamento, io ancora non ci credo, non mi arrendo, faccio altre due eco
che mi confermano la cessazione del battito… e mi dico che forse è
successo per punirmi di ciò che ho fatto in precedenza, forse non meritavo
un altro bimbo, perchè non sono stata capace di lottare con tutte le mie
forze per gli altri due. Adesso è da circa un mese che non riesco più a
dormire, prendo tranquillanti per non pensare e sono davvero giù di morale,
se non ci fosse il mio piccolo ometto nella mia vita, non so che cosa avrei
fatto. Mi perdoni per lo sfogo, ma avevo bisogno di parlarne con qualcuno.
Grazie infinitamente.

Cara Anna,
l’esperienza di un’IVG è sempre un evento disastroso, traumatico che lascia
profonde ferite, che periodicamente, di fronte a particolari eventi e a
momenti di fragilità di riaprono e fanno molto male.
Questo dolore, inoltre, apre le porte al senso di colpa che consente di dare
un senso a quanto successo e di pensare che tutto sarebbe potuto andare
diversamente.
Anche la “punizione” va in questa direzione e permette di scaricare il
dolore, la tristezza e la rabbia. Questo è caratteristico di tutte le donne
che hanno vissuto questa esperienza: dalla sua lettera, però, ho
l’impressione che lei non si permetta di avere dei “diritti”, ma solo colpe:
da una parte, da come scrive, lascia che sia si suo compagno a decidere se
lei debba tenere o meno vostro figlio e non ha la forza di sostenere il suo
desiderio, dall’altra, però si addossa tutta la colpa: anche la seconda IVG
fatta in modo così doloroso, testimonia la sua difficoltà a “volersi bene” e
a considerarsi come una persona che non deve solo amare e proteggere gli
altri, ma anche essere amata e rispettata.
L’ultimo aborto ha riaperto le vecchie ferite e adesso sta attraversando una
fase molto dolorosa di lutto: le auguro che questa possa essere, forse anche
con l’aiuto di un professionista, una fase evolutiva in cui lei riesca ad
imparare prima di tutto a lottare per se stessa con tutte le sue forze: è
questo quello di cui ha bisogno, perché solo allora saprà essere
responsabile, in modo consapevole, delle sue scelte.
Tanti auguri,

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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