Anonimo

chiede:

Non pretendo di far analizzare la mia situazione scrivendo poche righe della
mia vita.
La mia è una richiesta d’aiuto, una pura richiesta d’aiuto per una
situazione che mi sta lentamente spegnendo come donna.
Per quest’uomo ho fatto scelte difficili di vita, volute fortemente ma
impegnative, ho lasciato mio marito dopo 1 anno di matrimonio, innamorata
davvero e come mai prima del mio attuale compagno. Un amore ritenuto
importante, maturo, profondo.
Le nostre difficoltà di comunicazione appaiono subito nella loro grandezza,
ma c’è l’amore, da parte mia immenso che mitiga di volta in volta le
discussioni acerbe, le differenze d’opinione, il vissuto distante in ogni
sua sfaccettatura: io poche esperienze di vita, un unico precedente amore,
lui più grande di me, mai una convivenza, abituato a stare solo, a farsi
vacanze solitarie, a non ufficializzare le sue storie…
Dopo 1 anno di frequentazione burrascosa ma carica di emozioni decidiamo di
vivere insieme e mi trasferisco da lui. Le litigate, le discussioni comunque

non mancano. Io sono un’emotiva, una passionale, lui un razionale di quelli
estremi… cerca continuamente di farmi razionalizzare le mie fragilità, le
mie ansie, ridicolizzandole a volte, rendendole stupide e poco importanti.
Ma io sono ancora entusiasta… un po’ meno ma ci credo fermamente… voglio
un figlio, con tutta l’anima, lo vedo giocare con i suoi nipotini e mi
commuovo… lo sento, è il momento giusto per noi, per creare una famiglia.
Lui lo vuole un bimbo, è un momento magico, concepiamo Alice. La gravidanza
non è però stato un momento bellissimo come avevo immaginato. Compravo il
corredino per la piccola e lui mi diceva che stavo vestendo una bambola, che
spendevo soldi inutilmente. Non evitava mai gli scontri e le discussioni
nemmeno se avevo il pancione… e ancora considerava le mie paure, le mie
ansie come stupide, esagerate. Non rinunciava nemmeno a vedere quella sua
ex che m’infastidiva all’inverosimile… poco importava se ne soffrivo fin a
versare secchi amari di lacrime… ci andava lo stesso a costo di litigare
per ore, lasciandomi sola con la tachicardia. È il grande giorno… Alice nasce… 12 ore di travaglio… sono sconvolta, atterrita, ma felice. Lui anche. Torniamo a casa e per il primo mese va
tutto bene, lui è disponibile presente, mi capisce.
Dopo 2 mesi dalla nascita di Alice io desidero il mio amore più di prima…
voglio fare l’amore ma lui non mi vuole, non mi desidera, trova sempre una
scusa per evitare qualsiasi approccio.. dopo mesi, dopo svariate volte in
cui gli chiedevo cosa stava succedendo, mi dice che mi vede “lontana dal
sesso”. Ne soffro terribilmente. Scopro tra l’altro che ricorre
spessissimo al piacere solitario. Come donna mi sento uno schifo. Intanto le discussioni aumentano e si fanno sempre più pesanti.
Discutiamo per tutto. Gli chiedo di aiutarmi con la piccola, piange molto, e
la mia vita sociale è inesistente.. esco poco, sono quasi sempre sola con
lei. Ma lui cerca sempre di ritardare le entrate serali… a volte per
lavoro, ok, ma spesso perché non si vuole sentire imposto un orario, non fa
per lui. Ma questo è solo un esempio. Tutto ciò che lui considera
“imposizione” sono solo mie richieste di collaborazione, di aiuto, di
sostegno.
Le discussioni si fanno sempre più aspre… in un momento di difficoltà
economica lui sceglie un lavoro che ci complica la vita… turni, notte e
giorno, sono ancora più sola… ma non mi devo lamentare, devo essere una
donna forte mi dice… E intanto ricomincio anch’io, per fortuna, a lavorare…
Io sono sempre più infelice: niente comunicazione, sesso? Pochissimo,
coccole zero, mai un Ti amo, mai un abbraccio o una parola carina se sono in
una giornata buia, niente feeling, niente comprensione. Continuo a
sentire che le mie richieste d’amore, la mia emotività viene calpestata.
Poi la goccia, che come si suol dire, fa traboccare il vaso. Venerdì sera,
la piccola con la febbre a 40°, l’ospedale che mi dice al telefono di stare
molto attenta a non far salire ancora la temperatura, rischio convulsioni.
Guardo quello che dovrebbe essere il mio compagno di vita, gli dico con gli
occhi spaventati di non uscire per fare il turno quella notte, che non me la sentivo di stare sola, che se la piccola peggiorava non potevo portarla da
sola in pronto soccorso. Ma lui prende il suo zaino e dopo 10 minuti esce,
dicendomi solo “chiamami se hai bisogno”.
Io rimango sbalordita, ma devo badare alla mia piccola… tutta quella notte
e anche quella dopo sarò sola, in piedi tra il lettino della piccola, il
termometro e la tachipirina, stanca, preoccupata e delusa… Parlandone 2 giorni dopo e spiegandogli la mia delusione, lui mi risponde che la sua presenza non era necessaria, c’ero già io, era inutile rimanere in due e che comunque da qui ai 3 anni capiterà spesso che si ammali,
mica può stare a casa ogni volta.
Io mi chiedo, e chiedo a lei: ma essere coppia, essere famiglia non è forse
aiutarsi, collaborare, capire, pur mantenendo i propri spazi ma senza che
quest’ultimi pesino sull’altro?
Non è dimostrare affetto, preoccuparsi dell’altro, invece che puntare i
piedi con orgoglio sulla propria assoluta indipendenza?
Il mio entusiasmo si è esaurito, la mia voglia di crederci è spenta. Mi
sento tanto sola. Io sono l’esagerata, l’emotiva che non razionalizza, la
donna fragile che non sa gestire le sue emozioni, la rompiscatole che gli
toglie il fiato.
La verità è che io sono una donna stanca e demotivata che si chiede dov’è il
limite estremo della sopportazione, quando si deve dire basta, quando si
deve avere il coraggio di prendere una decisione.
La mia anima si riempie di dolore se penso di staccare la bambina dal padre
che adora letteralmente… perché lui è un buon padre, gioca, la coccola, le vuol bene… ma mi chiedo quanto resisterò senza spegnermi del tutto.
Vorrei sentirmi serena, amata, voluta. Tutto ciò non è mio e non lo sarà
mai.
La prego di darmi un consiglio.

Cara Lisa,
la sua storia è molto complessa, ed è difficile darle un consiglio perché ci
sono tanti elementi importanti che dovrebbero essere analizzati e
approfonditi.
L’impressione è che abbiate deciso di avere un figlio prima che si fosse
creato quello spazio di condivisione e di reciprocità che permette di
affrontare insieme un evento bellissimo, ma molto impegnativo e stressante
come quello di diventare genitori.
E, purtroppo, come spesso succede, la nascita della sua bimba, anziché
appianare dei contrasti, li ha fatti esplodere in tutta la loro tragicità.
Si sente, tra le sue righe, tutta la sua tristezza, la sua solitudine, ma
anche la sua rabbia: l’impressione è che si senta tradita, non solo perché
non si sente più amata fisicamente, ma perché il suo partner non risponde
più alle sue aspettative.
E mentre prima aveva ancora la forza di sperare che lui sarebbe cambiato,
ora è troppo stanca: anzi il suo stato d’animo le impedisce di scorgere
anche quegli aspetti che in passato l’avevano fatta innamorare.
Penso che il percorso tra voi due, nel caso in cui vogliate riprovare a
ritrovare un rapporto sia molto lungo e forse il punto di partenza non è
quello che consente di alimentare delle illusioni su come l’altro potrebbe
essere, ma la riscoperta di quanto c’è di positivo e/o complementare tra voi
due.
Il suo compagno, da come mi dice è un buon padre: questo è un punto di
partenza importante, che deve comunque essere valorizzato e mantenuto per
amore di Alice, anche nel caso in cui la vostra storia dovesse finire.
Tanti auguri per un 2007 sereno,

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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