La risonanza magnetica per aiutare a riconoscere l'autismo

Secondo uno studio una risonanza magnetica effettuata su neonati di sei mesi ad elevato rischio di autismo sarebbe in grado di prevedere, con un’accuratezza del 97%, chi tra loro presenterà una sindrome dello spettro autistico entro i primi due anni d’età.

Una serie di studi condotti da Joseph Piven, docente di Psichiatria all’Università della Carolina del Nord, negli Stati Uniti, hanno dato un esito alquanto sorprendente: una risonanza magnetica funzionale effettuata su neonati di sei mesi ad elevato rischio di autismo (provenienti da famiglie con casi di autismo), sarebbe in grado di prevedere, con un’accuratezza del 97%, chi tra loro presenterà una sindrome dello spettro autistico entro i primi due anni d’età.

I risultati dello studio, condotto su 59 bambini di 6 mesi d’età, tutti con un fratello o una sorella maggiore autistici, sono stati pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine.

Le statistiche stimano un autistico ogni 68 nuovi nati. Ma se in famiglia c’è già un figlio autistico, la probabilità che i fratelli minori sviluppino a loro volta una condizione dello spettro autistico è 20 volte superiore rispetto alla popolazione generale.

Dei 59 bambini esaminati se ne sono ammalati 11 i quali, rispetto agli altri, già a sei mesi manifestavano numerose differenze nelle connessioni nervose tra 230 aree neurali studiate attraverso la risonanza, soprattutto tra aree con una funzione coinvolta nella malattia (dal linguaggio alla socialità, fino ai comportamenti ripetitivi).

Le conclusioni della ricerca statunitense sono di grande interesse per la diagnosi precoce dell’autismo, una condizione che inizia a manifestarsi clinicamente verso i due anni d’età – attraverso comportamenti ripetitivi e problemi di socializzazione – ma che, generalmente, non viene diagnosticata prima dei quattro anni.

Più sono le cose che conosciamo sul cervello del bambino prima che compaiano i sintomi, più saremo preparati ad aiutare sia i bambini sia le loro famiglie”, ha affermato il ricercatore in una recente intervista.

Tuttavia, riconoscere in anticipo quali bambini svilupperanno l’autismo, permetterà ai medici di cominciare sin da subito una terapia comportamentale adeguata, con interventi precocissimi, in un certo senso “preventivi” della malattia stessa, con l’obiettivo di scongiurare che si manifesti più tardi.

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