Anonimo

chiede:

Buongiorno, ho 40 anni, sono affetta da talassemia e da amenorrea
primaria.
Ho sempre pensato di essere sterile, ma vedendo i successi ottenuti da altre
talassemiche che hanno portato a termine una gravidanza, nel 2003 ho deciso
insieme a mio marito di tentare una fecondazione assistita. Inizialmente non
ho risposto alla stimolazione, successivamente, con un follicolo dominante,
ho fatto un’inseminazione che ha portato subito ad una gravidanza.
Può immaginare la mia gioia, mi sentivo al settimo cielo, forte e capace di
affrontare tutti i rischi che una gravidanza può comportare per chi ha i
miei problemi, anche dubbiosa però sul fatto che finalmente mi stesse
andando bene qualcosa… è andato tutto bene fino all’ottava settimana, non
un dolore, non una nausea, il bambino cresceva ed i valori delle beta erano
perfetti. Ho fatto in tempo anche a vedere il battito del suo cuoricino.
Purtroppo, al controllo dell’ecografia è risultato un battito rallentato e
dopo 5 giorni la morte del feto.
Mi sono sentita sprofondare nell’abisso. Dopo più di sei mesi ho provato
nuovamente a cercare una gravidanza ma non ho mai risposto alla
stimolazione, ho tentato per tre volte ma ormai devo arrendermi. Non posso
neanche arrivare a tentare, sono ferma in partenza.
Sono piena di rabbia e rancore per un destino così crudele, quella era
probabilmente (anzi sicuramente) l’unica possibilità che avevo di avere una
gravidanza ed è finita così tragicamente. Non riesco a riprendermi.
Anche mio marito è addolorato, cerca di consolarmi, ma io mi sento in colpa
anche nei suoi confronti perchè stando con me, ha rinunciato a molto, ed ora dovrà rinunciare anche ad avere un figlio…
Potete aiutarmi a venir fuori da questo tunnel?

Buongiorno,
comprendo la sua rabbia ed anche il suo dolore.
Le esperienze che ha vissuto negli ultimi mesi l’hanno trascinata in un
turbinio di emozioni: già la fecondazione assistita di per sé rappresenta un
carico psicologico e fisico molto duro da tollerare: in più, il “successo”
che ha ottenuto durante il primo tentativo vi ha “illusi” di avercela fatta
e, in questi casi la delusione è pesantissima.
Non si chiuda però in se stessa: la tentazione in tale dolore è di
colpevolizzarsi e di isolarsi anche da coloro che ci vogliono bene: in
questo modo, trovando in noi stesse un colpevole si cerca di dare un senso
ad un destino che, invece, ci appare beffardo e senza senso.
Invece, lei, non ha nessuna colpa e responsabilità per quanto successo e suo
marito la ama per quella che è, e proprio perché è così: non lo allontani,
anche perché non si può sopportare questo percorso da sole.
Datevi del tempo, insieme, per curarvi le ferite reciproche, per sentirvi,
comunque una coppia che può essere fertile di idee e di amore. Potrete poi
decidere insieme se ve la sentite di provare altre strade, siano esse
rivolte ad altri tentativi di fecondazione, magari esplorando alternative,
oppure all’adozione o a sperimentare altre forme di impegno che vi facciano
sentire una coppia che ha tanto da dare.
Un abbraccio forte,

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

Fai la tua domanda Tutte le domande
Ti è stato utile?
Non ci sono ancora voti.
Attendere prego...

Specializzazione

  • Psicologo