Anonimo

chiede:

Buongiorno, durante il congedo di maternità è possibile fare una prestazione di lavoro occasionale (in questo caso il censimento presso un Comune), considerando che il congedo finisce prima della fine del censimento?

Il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza o il puerperio.
La ragione di tale istituto, di cui può essere beneficiaria la madre, (due mesi prima della nascita del figlio e tre mesi dopo) consiste nella facoltà della stessa di essere più presente nei momenti più importanti della vita di un figlio, mantenendo in essere il rapporto di lavoro, seppur con una retribuzione ridotta (80% della retribuzione media giornaliera). Detto periodo di astensione è obbligatorio per legge e non è in alcun modo nella disponibilità del lavoratore che dunque non ha la facoltà di rinunciare ad esso. In buona sostanza il legislatore ha voluto dare valore ai bisogni affettivi e relazionali del bambino per meglio preservare lo sviluppo armonico della sua personalità e l’inserimento nella famiglia. Proprio per questo motivo il Testo Unico maternità/paternità, nel regolamentare l’astensione obbligatoria per gravidanza e puerperio ha previsto il divieto di lavorare durante tale periodo. Tale divieto, confermato anche dall’Inps, riguarda non solo i dipendenti ma anche le lavoratrici cd parasubordinate, nonché le autonome e le libere professioniste. Analogo ragionamento dev’essere fatto per il congedo parentale che pertanto appare anch’esso incompatibile con lo svolgimento di un’altra attività lavorativa. Se così non fosse, appare evidente che una qualche attività lavorativa anche di tipo occasionale svolta durante il periodo di congedo vanificherebbe la ratio della norma, e delle tutele previdenziali e assistenziali connesse alla protezione sociale della famiglia, che prevede la presenza del genitore o anche di entrambi. La presenza del padre o della madre accanto al figlio è dunque una condizione imprescindibile che è incompatibile con un’attività lavorativa, anche di tipo occasionale. Così si è pronunciata la Corte di Cassazione che – richiamando principi già evidenziati dalla Corte Costituzionale ( cfr. sent. Nn. 104/2003, 371/2003 e 385/2005), – ha ritenuto che una condotta di questo tipo integrerebbe una vero e proprio “abuso” sanzionabile anche con il licenziamento (Cass. Civ. – Sez. Lavoro, Sentenza 16 giugno 2008, n. 16207). Ancora più recentemente la Suprema Corte ha confermato tale orientamento pronunciandosi su un caso nel quale il lavoratore, beneficiario di congedo parentale, era stato licenziato perché durante detto periodo aveva svolto un’altra attività lavorativa non specificamente a favore del figlio, e con ciò, ad avviso della Corte, aveva di fatto prodotto uno sviamento della funzione tipica del congedo e allo stesso tempo aveva tenuto una condotta intenzionale che faceva ravvisare la giusta causa del licenziamento. La Corte ha dunque affermato che anche nel caso di congedo parentale, l’esercizio dello stesso non esclude la verifica delle modalità del suo esercizio che non può sconfinare in una condotta arbitraria contraria alla buona fede.

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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