Avere figli rende felici, anzi felicissimi. Per 12 mesi, 365 giorni. Passato questo periodo le cose cambiano. Diventa ordinario ciò che è (e continua ad essere, senza dubbio) straordinario. Non solo: la mamma è ancora meno “felice” del papà. Colpa delle condizioni ambientali in cui si trova a operare, in primo luogo.

A dirlo sono due diversi studi: il più recente è stato svolto dall’Università Bocconi e afferma che avere un figlio migliora la vita dei papà e li rende più felici, ma non ha lo stesso effetto sulle neomamme: il motivo? La difficoltà riscontrata dalle donne nella gestione simultanea della vita professionale e di quella privata, soprattutto.

Tra rinunce e servizi mancanti in sostegno della maternità, le mamme non provano la stessa felicità dei loro compagni. Ne ha parlato Nicoletta Balbo, coordinatrice dello studio della Bocconi effettuato in Gran Bretagna, a Radio24.

La letteratura scientifica riporta un andamento a campana tra la felicità e il fare figli: prima di avere un bambino e subito dopo c’è un picco seguito da un crollo che poi torna ai livelli precedenti sul lungo periodo. Tale crollo si verifica subito dopo il parto, scende fino ai primi due anni di vita del figlio e poi torna ai livelli pre-gravidanza. Volevamo sapere se era lo stesso per mamme e papà e se ci fosse una differenza in questo senso in base ai valori della coppia.

Lo studio ha diviso mamme e papà in tre gruppi in base ai valori di riferimento, spiega Balbo: il primo gruppo era quello “tradizionalista” in cui la donna rimane a casa ad occuparsi dei figli, i partecipanti del secondo gruppo credevano invece una divisione equa dei compiti dentro e fuori dalla casa e infine il terzo gruppo, quello più numeroso, comprendeva le coppie più “sbilanciate”, in cui la donna si prende sì cura dei figli ma mantiene anche un’attività extrafamiliare. Scopo della ricerca riuscire a indagare la distanza tra le aspettative legate alla genitorialità e la fatica della “reale” vita quotidiana.

Un gap che i padri sembrano sentire meno: “Abbiamo rilevato come per gli uomini diventare papà rappresentasse sempre un “guadagno”, una realizzazione maggiore. Per le donne questo sentimento non era altrettanto forte e quando c’era riguardava soprattutto le mamme che restavano a casa, mentre coloro che avevano anche un lavoro l’arrivo di un figlio non confermava il picco di felicità provato in precedenza”. Le donne che devono conciliare lavoro e famiglia fanno più fatica: “C’è un aumento della felicità prima della gravidanza, che non si mantiene tuttavia quando il figlio arriva”.

Diverso invece il discorso per i papà: “L’arrivo di un figlio rende la loro vita più completa, consente di riscoprire una sfera di tenerezza e di cura”. Tanto che, rispetto al passato, gli uomini trascorrono più tempo a fare i papà: “Secondo gli studi – conclude Balbo – i minuti dedicati ai loro figli sono aumentati di 4 volte dal 1970”.

Uno studio precedente risale invece al 2016 e lo ha raccontato Roba da Donne. Secondo il team che ha portato avanti la ricerca inglese intitolata “L’origine della felicità”, una volta superato il momento di “pazza gioia” dato dalla notizia di aspettare un figlio e dopo la nascita del bambino la felicità tende ad affievolirsi, nel momento in cui il nuovo arrivato non è più una novità.

Coordinata da Andrew Clark e Richard Layard la ricerca ha preso in esame i dati relativi a neogenitori residenti in Regno Unito, Germania, Australia e Stati Uniti. Per loro avere un figlio ha aumentato il “livello” della felicità solo dello 0,25%, percentuale scesa ulteriormente vicina allo zero nei due anni successivi alla nascita del bambino.

I figli sono una grande idea, pensare di averli è una grande idea, averli è una buona idea, ma è una buona idea per massimo 12 mesi. Avere bambini porta un po’ di soddisfazione, ma non tantissima, ed enormi vantaggi vengono accompagnati da svantaggi significativi.

La ricerca non ha tuttavia preso in esame il “dopo”, quando cioè i figli crescono e diventano adulti, e si è limitata a gettare uno sguardo sui primi quattro anni di vita del bambino. “Non abbiamo prove – ha detto Clark – circa gli effetti che si generano quando i figli raggiungono i 20, 30, 40 anni e diventando vecchi abbiamo bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi perciò speriamo che a un certo punto la tendenza si inverta e possa diventare positiva“.

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